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Proposta Biblioteche e Musei


Progetto
su scala regionale, nazionale e internazionale, da attuare in partnership con Istituzioni museali e bibliotecarie interessate a sperimentare un servizio innovativo di formazione e didattica delle arti narrative, fruibile sia offline che online, da rivolgere ai propri operatori e utenti.

Premessa

L'Istituto MetaCultura, grazie agli investimenti effettuati in oltre trenta anni di attività, ha potuto finalmente completare questo nuovo Sito a carattere formativo oltre che informativo: un Sito/Scuola on line (una “Scuola di Arti Narrativeper formare gli umanisti del futuro sotto la guida virtuale dei grandi umanisti del passato) che offre agli utenti educational otto Laboratori di studio della narrazione artistica in tutte le sue forme.
I Laboratori sono rispettivamente dedicati a: la narrazione teatrale (“Shakespeare & Co.”), la narrazione teatrale musicale (“RaccontoInCanto”), la narrazione letteraria (“Perché rileggere i classici”), la narrazione audiovisiva (“AuteurStudio”), la narrazione visiva (“L'attimo fuggente”), la narrazione per l’infanzia (“NeverNeverLand”), la narrazione artistico-scientifica (“Il Cenacolo degli Umanisti”), la narrazione enciclopedica (“Le vie per Xanadu”).
Ciascun Laboratorio prevede un programma di sviluppo di «Sistemi di Studio Reticolari» specifici, che utilizzano tuttavia la medesima rivoluzionaria «Piattaforma E-Learning» creata dall’Istituto stesso per trasferire sulla rete tutta la propria attività formativa e didattica.

Nel Sito/Scuola sono già accessibili alcuni sofisticati «prototipi» che mostrano, con l'esempio, le potenzialità offerte dai Sistemi Reticolari E-Learning per fare meglio formazione e didattica e al contempo per valorizzare archivi autoriali. Ma oltre a questi prototipi l’Istituto dispone di circa sessanta progetti in avanzato sviluppo, che - con la collaborazione di partner e sostenitori - potranno essere progressivamente completati e trasformati tutti in «Sistemi Reticolari E-Learning», da distribuire, attraverso il Sito, come «nuovi strumenti di studio delle arti narrative per il mondo educational». I progetti sono indicati nell'Indice presente (a sinistra) nella home di ciascun Laboratorio. Insieme ai Sistemi sviluppiamo mostre e spettacoli multimediali che proponiamo in particolare a enti come Biblioteche e Musei o a Enti con funzioni più specificamente educative per promuovere l'utilizzo dei Sistemi di Studio e per creare un'interazione tra la fruizione assistita di opere d'arte e il loro studio attraverso i Sistemi.

Dal momento che l'Istituto ha come suo destinatario il mondo educational, rivolgiamo a tutte le Istituzioni Culturali e Educative l'invito a diventare nostri partner istituzionali avviando un innovativo servizio di formazione e didattica per potenziare gli strumenti a disposizione degli operatori e degli utenti; essi avranno così la possibilità di acquisire ulteriori competenze sia per capire come si crea un capolavoro artistico, come riconoscerlo e apprezzarlo in qualunque forma espressiva si presenti; sia per riconoscere, applicare e insegnare i modi più adeguati con cui si possa raccontare una storia attraverso diverse forme espressive e la loro integrazione «poli-espressiva».

Questi, in sintesi, i principali vantaggi ricavabili dalla partnership con l’Istituto MetaCultura:

1. Un nuovo strumento di studio della narrazione; un nuovo tipo di Sistema di apprendimento, che consenta sia di viaggiare tra racconti che costituiscono varianti implicite dei progetti narrativi considerati, in quanto condividono con essi i medesimi principi di narrazione; sia di rendere espliciti e controllabili i principi stessi, attraverso le correlazioni reticolari create dal Sistema. 
Tale strumento può permettere di condurre, con maggiore sistematicità, attività di studio interdisciplinare delle arti narrative; formare nuove figure professionali in grado di collaborare con il nostro Istituto a un piano di valorizzazione del patrimonio artistico e di realizzazione di nuovi strumenti di studio per il mondo educational.
I Sistemi potrebbero essere anzitutto «usati», come strumenti di studio, in ogni realtà educativa presente sul territorio di pertinenza degli Enti partner. Si potrebbero avviare sperimentazioni formative e didattiche con docenti e studenti (dalla scuola di base alla specializzazione postuniversitaria) che potrebbero adottare i Sistemi per insegnare e apprendere «competenze», oltre che «conoscenze» dallo studio scientifico delle opere dei grandi autori, acquisendo i medesimi principi narrativi utilizzati da questi ultimi per creare i loro capolavori immortali.
I Sistemi potrebbero inoltre essere «analizzati», come oggetti di studio scientifico, all’interno di corsi universitari e postuniversitari attivati e gestiti in collaborazione con l'Istituto; corsi per insegnare «come» trasformare risorse teatrali in innovativi strumenti di studio delle competenze degli autori insite in esse; e per formare gli umanisti del futuro, in grado di valorizzare, in questo nuovo modo, il patrimonio artistico italiano ed europeo.

2. Uno strumento innovativo per valorizzare il patrimonio artistico italiano ed europeo estraendo e insegnando l'inestimabile know how in esso contenuto; uno strumento che dia nuova vita a documenti inerti e separati - sparsi in archivi settoriali fruibili solo da pochi addetti ai lavori - rifunzionalizzandoli come «correlati» di Sistemi Reticolari di Studio appositamente concepiti per la formazione e la didattica nell’era digitale.
Attraverso questi sofisticati sistemi, infatti, gli gli insegnanti, con i loro studenti potranno studiare e insegnare le straordinarie capacità dei grandi maestri della narrazione racchiuse in quegli stessi documenti di archivio e in tutti gli altri documenti collegati indirettamente tra loro dai Sistemi.
I Sistemi sono congegnati per far apprendere meccanismi universali della narrazione, e tale scopo stabiliscono correlazioni indirette - attraverso una rete di lezioni che esplicitano la natura delle correlazioni - non solo tra documenti di archivi specifici, ma anche tra documenti di altri archivi curati dallo stesso Istituto MetaCultura - archivi letterari, teatrali, cinematografici, musicali e visivi - in cui sono documentate varianti narrative ed espressive dei racconti oggetto di studio.
In questo modo i Sistemi consentono sia di far «scoprire correlazioni» insospettate tra racconti non immediatamente associabili tra loro (per soggetto o forme espressive), sia di far «apprendere i criteri di correlazione», cioè i «principi di narrazione condivisi»; sono questi «principi», infatti, che permettono di stabilire «connessioni intelligenti e informative» tra i «documenti correlati» nel Sistema (non connessioni automatiche e perciò ovvie, e neppure connessioni dietrologiche e perciò arbitrarie, ma invece «connessioni logiche, fondate sui principi di funzionamento dei racconti stessi»).
Con l'impiego di questi Sistemi si può effettuare un ulteriore salto di qualità: dalla «conservazione» del patrimonio artistico alla sua «valorizzazione» come risorsa preziosa nel processo di sviluppo e di funzionamento dei più ambiziosi Sistemi di Studio, mai realizzati prima d'ora, per indagare le complesse «forme» dell'Arte Narrativa.

3. Un potente strumento di specializzazione e perfezionamento per studiare come si crea e come funziona un capolavoro artistico immortale sotto la guida virtuale dei più grandi autori di ogni tempo e luogo.

4. Un sistema per affinare e accrescere gli strumenti di giudizio, necessari per confrontare e valutare sia le offerte di spettacoli in cartellone da parte delle Istituzioni presenti sul proprio territorio, sia quelle di spettacoli in streaming e on demand che giungeranno sempre più numerose dai grandi distributori di contenuti digitali.

Per cominciare ad avviare questo ambizioso progetto, l’Istituto offre l’utilizzo di tutto ciò che ha realizzato o sta realizzando, in cambio dell'aiuto ad ottenere - da istituzioni regionali, nazionali, europee e internazionali - i fondi necessari per coprire i costi di produzione e distribuzione di nuovi sistemi, che andranno ad aggiungersi a quelli di cui gli Enti Locali potranno disporre da subito.

Alcune considerazioni specifiche su Biblioteche e Musei

L’Italia è giustamente considerata un museo a cielo aperto; e il viaggiare per l'Italia è sempre stato considerato dai narratori molto di più che una metafora di un viaggio straordinario nel tempo e nello spazio. Questo museo a cielo aperto, più di qualunque altro museo, si presenta al visitatore come uno spazio espositivo labirintico che richiede una adeguata preparazione anche solo per poter scoprire come e fin dove si espande; e a questa preparazione del visitatore si dedicano, anche se con una prospettiva troppo spesso limitata alla sola Storia, gli studiosi (per lo più storici) della nostra arte e dell'arte più in generale.
Tuttavia il nostro paese è anche ricco di luoghi deputati dove si concentra e si conserva più o meno bene la memoria della nostra Civiltà: musei dedicati e spazi espositivi entro opere monumentali (in primis le chiese), archivi di grande valore, punti di conservazione e distribuzione dell'informazione (le biblioteche), che, pur offrendo un concentrato di ricchezze visionabili in sede così da evitare troppi spostamenti ai visitatori più pigri, risentono tutti, più o meno, degli effetti di una crescente diseducazione all'arte, e, più in generale, della ormai cronica mancanza di uno studio diffuso (fin dalla scuola di base) dei fenomeni artistici.
Se le mappe del “Gran Tour” cercavano di identificare e valorizzare i beni culturali disseminati nel nostro paese, offrendo ai visitatori una guida e uno stimolo per non fermarsi ai soli luoghi a alle sole opere già famose, oggi che il Gran Tour è diventato solo un fenomeno storico da studiare (anche bene, come dimostrano i saggi molto articolati di Attilio Brilli che a tale fenomeno si dedica da molti anni con acume e competenza), ci si accontenta che i fruitori del nostro grande «museo a cielo aperto» transitino per un poco - ma spendendo soldi - nei luoghi più famosi e pubblicizzati del nostro paese, per poter dire agli amici di essere stati a vedere di persona quei - soli - capolavori che sono promossi dai mass-media, per ragioni di marketing in genere estranee all'arte.
Così i piccoli musei, gli archivi e le biblioteche che non si presentano come attrazioni da Luna Park divulgative e spettacolari non godono più di interesse né da parte dei visitatori né da parte di quegli investitori - a cominciare dagli investitori pubblici - che ritengono che per piccoli numeri di potenziali utenti - come se peraltro questi numeri non fossero modificabili - non valga la pena investire risorse per promuoverne la conoscenza, per allargare gli orizzonti conoscitivi dei visitatori e richiedere loro più competenze, per educare all'arte, per insegnare cos'è l'arte attraverso gli innumerevoli esempi applicativi che ancora sono disponibili alla fruizione di chi voglia avventurarsi in viaggi nell’arte; almeno fintanto che i musei rimarranno aperti, fintanto che gli editori continueranno a ristampare opere classiche, fintanto che le biblioteche verranno considerate dai politici in qualche misura utili, magari per le ricerche degli studenti o come spazi aggregativi o semplicemente come un dovere da assolvere per non ricevere critiche dall’elettorato politicamente corretto.
Ma il problema non è evidentemente solo quello di tenere aperti o chiusi questi spazi, di conservare bene o male le opere più o meno preziose in essi contenute, di convincere qualche sponsor o qualche editore in più a investire nel «recupero» di opere d'arte classiche lasciate all’incuria (si vedano gli elenchi sempre più lunghi di monumenti, collezioni, luoghi abbandonati anche fisicamente dalla politica culturale che insegue solo grandi successi di massa), o di convincere qualche tour operator ad aggiungere una tappa negli itinerari offerti a turisti distratti e frettolosi, interessati solo a collezionare selfie davanti a opere famose, per incrementare la propria galleria di immagini da condividere.
Il problema, a nostro avviso, risiede nella necessità di dotare tutte le strutture idonee alla conservazione e all’esposizione - ma anche allo studio e alla crescita culturale - nonché i loro potenziali utenti, di «nuovi strumenti di studio»; strumenti che aiutino a scoprire e apprezzare tutto quello che è contenuto in quegli spazi - e in molti casi gli stessi meravigliosi contenitori - di cui troppo spesso non si conosce neppure l’esistenza, né si presume il valore; strumenti che facciano venire voglia di visitare quei luoghi per accrescere e affinare la propria preparazione scientifica e artistica, proprio come hanno fatto per secoli gli artisti e gli studiosi che viaggiavano nel nostro paese in cerca di stimoli e di insegnamenti.
Certamente qualcuno potrà obiettare: a che serve una preparazione artistica e scientifica in un mondo orientato solo al successo economico, che valuta opere, eventi, spettacoli, monumenti solo in base al numero di persone a cui danno lavoro e di utenti disposti a spendere per fruirli? Ma questo è un altro discorso, per rispondere al quale rimandiamo ad altre sezioni del Sito, nelle quali ci siamo sforzati di spiegare le ragioni per cui, ragionando in modo meno assistenziale ed egoistico, cioè più orientato al futuro dei nostri figli e nipoti, varrebbe la pena di investire sulla qualità di prodotti e servizi che rimangano nel tempo e che migliorino la vita delle generazioni future.
Per noi la valorizzazione dei beni culturali, la tutela dei centri di conservazione e distribuzione dell'informazione di qualità artistica e scientifica, il rilancio dei luoghi espositivi dedicati, sono questioni strettamente connesse al rinnovamento degli strumenti conoscitivi e educativi, di studio, di formazione e didattica a partire da quelli rivolti alla scuola primaria e poi all’educazione permanente e infine alla formazione professionale; condizioni indispensabili per rendere più adeguata la preparazione degli utenti nonché degli operatori addetti all'erogazione dei servizi.
Per questo motivo noi dedichiamo tempo e risorse anche alla formazione dei bibliotecari, nonché allo studio - insieme ai non rassegnati direttori di archivi, biblioteche e musei - di soluzioni espositive miste - materiali e virtuali, offline e online, settoriali e interdisciplinari - adeguate tanto a una migliore fruizione degli oggetti artistici quanto alla loro promozione e al loro studio.
In altre parole, affinché ci sia più pubblico pronto e interessato a fruire proposte artistiche più o meno complesse, e a distinguerle dalla proliferazione di eventi, spettacoli, mostre e archivi di puro intrattenimento, di valore effimero o nullo, se non documentario delle misere condizioni di vita del mondo contemporaneo, occorre dotare i musei, le biblioteche, gli archivi, di sistemi di studio adeguati alla complessità degli oggetti conservati ed esposti; e occorre anche preparare gli operatori all'assistenza degli utenti, alla loro formazione.
Riteniamo infatti che il problema della preparazione del pubblico e degli operatori non vada affrontato in una prospettiva promozionale e pubblicitaria, di marketing dell’arte (come riuscire a portare tanta gente a una mostra? Come aumentare il numero dei visitatori nei musei?) ma in termini propriamente formativi, di educazione del gusto, di crescita culturale in funzione di una progressiva ripresa di interesse per la nostra civiltà umanistica e per quelle competenze che, per secoli, hanno consentito a tanti nostri avi di vivere di arte e scienza, e di lasciarci in eredità innumerevoli capolavori da riscoprire e da cui imparare; e ci riferiamo non solo a quelli resi famosi dalla cultura di massa, ma anche a quelli che giacciono incustoditi, abbandonati e spesso persino sepolti nei tanti luoghi del nostro paese rimasti fuori dalle tappe obbligate del turismo di massa.
Per questo riteniamo che la valorizzazione stessa dei patrimoni artistici presenti nel nostro paese passi attraverso la loro «trasformazione» in sistemi di studio (anche a distanza e on-line) per apprendere le competenze straordinarie degli autori che li hanno ideati e realizzati. Per questo proponiamo che, oltre a esibire i capolavori immortali che tutto il mondo ci invidia, si offrano strumenti in grado di estrarre, dalle implicite correlazioni che quei capolavori stabiliscono indirettamente tra loro e non solo, i principi narrativi e compositivi da essi condivisi, cioè le straordinarie capacità di chi ha creati e che sono ancora e per sempre insite in essi. Questi strumenti potrebbero essere offerti - anzitutto alle scuole e in generale alle strutture educative presenti sul nostro territorio - insieme alla possibilità di usufruire a condizioni agevolate le opere stesse (biglietti omaggio, per intenderci), magari proponendoli come «presupposti metodologici» utili per meglio apprezzare l’offerta delle istituzioni che ogni anno elaborano un cartellone di spettacoli, organizzano mostre, restaurano e rendono fruibili importanti collezioni museali. Dunque «strumenti» insieme ad «oggetti» di studio, che si affiancano a questi ultimi per favorire l’acquisizione non solo di notizie storiche, ma anche del prezioso «know how» racchiuso nelle opere d’arte.
Lavorando con questo intento, la nostra collaborazione decennale con enti teatrali di prosa e musicale ci ha permesso di aggiungere all’offerta dei loro spettacoli quella dei nostri corsi e percorsi di studio, insieme a mostre didattiche complementari ai sistemi di studio stessi e perciò in grado di creare una feconda interazione e una reciproca promozione.
Questa sperimentazione ci ha consentito di mostrare che, quando un percorso scientifico, formativo e didattico, riesce a coinvolgere gli utenti nella comprensione delle opere, in quello studio da cui sono normalmente estromessi, in conseguenza di ciò aumentano le possibilità che le opere stesse siano maggiormente fruite (e quindi vi sia più pubblico che visita, acquista, etc) e che lo studio di esse sia incrementato, sostenuto, finanziato.
Solo se i potenziali fruitori vengono messi nelle condizioni di ricavare nel e dal viaggio virtuale tra le opere quegli strumenti presupposti che occorrono per fruirle al meglio, per coglierne e apprezzarne le qualità, se sono messi in grado di percepire la ricchezza di informazioni contenuta nei prodotti esposti, si può riuscire a evitare quel fenomeno degradante, ben esemplificato dalla favola “La volpe l'uva”: quando non si è in grado di innalzarsi per arrivare a comprendere qualcosa che si percepisce troppo in alto per le proprie attuali possibilità cognitive, anziché cercare di accrescere quelle, si finisce per cercare di «abbassare» il potenziale oggetto di studio fino a distogliere l’attenzione da esso considerandolo indegno di attenzione; sia nel senso di denigrarlo, dissacrarlo, considerarlo sopravvalutato, sia nel senso di ridurlo, di trattarlo come se fosse qualcosa di banale, di già conosciuto, da assimilare a fenomeni esplicitamente trash della cultura di massa, sostenendo una illusoria omologazione, cancellazione di differenze di qualità tra alto e basso, che non metta in discussione le «incapacità» dell’utente, altrimenti dette ipocritamente “altre” o “diverse” capacità interpretative.
Non occorre un’indagine sociologica per accorgersi che quando gli utenti o i potenziali utenti non possiedono strumenti adeguati per spingersi oltre la superficie costituita dal «senso comune», dal conformismo culturale che omologa prodotti artistici a prodotti di massa in un generico riconoscimento di stereotipati temi e motivi, in una raccolta di aneddoti, in un cumulo di nozioni erudite da sciorinare agli amici per dimostrare di essere esperti della materia, essi disertano le sale, le mostre e i musei e finiscono per rivolgersi a quei soli prodotti che la cultura di massa stessa è sempre pronta a trasformare in oggetti di merchandising, di moda o di culto, o di arredamento.
I pericoli maggiori di una fruizione superficiale, distratta e inadeguata da parte degli utenti, è che che essi evitino tutte quelle proposte considerate, dagli opinionisti televisivi e dagli indottrinatori pedagogici e ideologici, non «attuali», vecchie e superate. I pericoli si insinuano anche in quella forma di falso avvicinamento all'opera d'arte che consiste nella cosiddetta «divulgazione» - sempre ad opera dei mass-media - da parte di pseudo esperti televisivi che illudono gli utenti di avvicinarsi ai prodotti artistici offrendo loro pillole - o dovremmo dire supposte? - che promettono di far conoscere senza fatica fenomeni che oggettivamente richiedono fatica per arrivare a capirli, una fatica se non pari almeno vicina a quelli di chi li ha creati. Questa è la frontiera delle politiche culturali che fanno leva sul fatto che gli utenti preferiscono l'illusione della conoscenza alla consapevolezza dell'ignoranza, come direbbe Roberto Rossellini che fu sempre critico riguardo ai progetti divulgativi, ai quali opponeva una proposta educativa, esplicitamente formativa e didattica. Non c’è infatti niente di peggio che un utente che crede di sapere, che di fronte all’imbarazzo di non saper pensare e dire alcunché di fronte a opere complesse, estrae dal cilindro dei luoghi comuni frasi fatte offertegli da quegli pseudo studiosi che, in cambio di una legittimazione di massa come esperti opinionisti, gli riconoscono una finta competenza, rendendolo (insignendolo, persino diplomandolo) esperto pari loro.
Quei programmi o libri divulgativi che promettono di far apprendere «tutto quello che avreste voluto sapere in poche pagine o in poche ore di visione” su un determinato oggetto artistico, sono l'equivalente di quelle esposizioni che spettacolarizzano oggetti artistici complessi accostandoli a banali oggetti del quotidiano, della produzione culturale di massa, cercando di abbassare l'esperienza di fruizione piuttosto che invitare l'utente ad alzare il suo livello di competenza, offrendogli - come alternativa a una inevitabile ma salutare crisi - la soddisfazione di poter cogliere quel poco che accomuna un’opera d’arte ad oggetti del quotidiano vivere. Sono come le cosiddette “enciclopedie per ragazzi” vendute quali sostitutivi più economici degli innumerevoli libri che vorrebbero condensare; sono oggetti presuntuosamente, ingenuamente o furbescamente «centripeti», che pretendono di racchiudere il sapere entro se stessi anziché aiutare gli utenti a cercarlo fuori da essi con faticose ma più gratificanti e proficue ricerche tra biblioteche e altre fonti di autorevoli insegnamenti e di preziose risorse da scoprire.
Ed è paradossale che proprio biblioteche e musei, spesso anziché collaborare con operazioni formative e didattiche come le nostre, preferiscano affidarsi, per la loro stessa promozione o speranza di sopravvivenza, a opere divulgative che finiscono invece per ridurne, dissacrarne, svilirne il patrimonio artistico.
D'altra parte le politiche culturali attuali sembrano puntare sulla partecipazione piuttosto che sulla formazione, sul pubblico di massa piuttosto che su un pubblico più esigente, sull'emozione e il sensazionalismo piuttosto che sullo studio e sulla comprensione. E’ a causa di queste politiche se, anziché cercare di capire cosa c’è «dentro» un’opera d’arte, si cerca ora di interpretare cosa c’è «dietro» e «intorno» ad essa, dando più valore alle parole di mecenati e mercanti, critici e opinionisti che a quelle di chi ha saputo farla. Questi sostituti tanto degli artisti quanti degli studiosi sono addirittura disposti a riconoscere nell'interpretazione dietrologica, nelle proiezioni degli spettatori un valore informativo pari o persino superiore a quello non immediatamente percepibile ma tuttavia presente nell'opera e non dietro o intorno ad essa. Essi presumono che le opere classiche del nostro passato siano trattabili come quelle opere contemporanee, di cui sono grandi esperti, per le quali, paradossalmente, tutto ciò che conta non è il «testo» (in questi casi in genere esplicitamente trash, quando non degradazione e dissacrazione di opere d’arte classiche) ma il nuovo «contesto» in cui è ricollocato provocatoriamente, magari proprio accanto ad opere classiche; come se bastasse creare accostamenti impertinenti per produrre nuova informazione o per elevare - con citazioni ad hoc e accostamenti inusuali - oggetti di nessun valore. Così questi esperti promotori sovrastimano il ruolo del fruitore, addirittura attribuendo un valore creativo alle sue proiezioni interpretative, che aggiungerebbero senso dove non c'è, collaborando addirittura alla realizzazione dell’opera stessa (come gli ingenui acquirenti delle pozioni di eterna giovinezza) opportunamente guidati dai critici-mercanti, assurti a coautori dell’opera nonché astuti venditori dell’opera stessa, e ovviamente garanti delle diverse abilità degli artisti contemporanei, creature da loro stessi partorite dal nulla, esistenti solo in quanto scoperte promosse e vendute dai loro mentori-agenti.
In questo modo da un lato si finisce per sottovalutare o addirittura accantonare quelle opere classiche che hanno invece valore per come esse stesse sono fatte e non per come sono collocate o interpretate, da un altro lato si finisce per escludere gli utenti dalla possibilità di apprezzare e amare la vera arte, a cominciare dal prendere consapevolezza della propria impreparazione e dell’illusione di poter fare e capire l’arte senza crescere.
Rendere gli utenti e i potenziali utenti inconsapevoli della necessità di accrescere e affinare le loro incapacità analitiche ed elaborative, illudendoli invece di avere capacità interpretative e creative da scoprire in se stessi (sei un artista, sei uno studioso, devi solo scoprirlo e convincertene) è solo un altro modo per boicottare il patrimonio artistico del nostro paese, ormai divenuto meta di turisti ancora affascinati da memorie di un mondo umanistico che non c’è più, di cui restano solo vestigia non tutelate e non valorizzate.
Rimangono poche speranze per invertire questa pericolosa tendenza, per ridare dignità ai luoghi che ospitano i maggiori tesori dell'umanità e agli utenti che potrebbero apprezzarli, studiarli e persino contribuire a custodirli come eredità di «insegnamenti con l’esempio» per le nuove generazioni.
Se i musei stanno cercando di diventare un luogo di fruizione di massa come il cinema, mescolando arte con la spazzatura, e rincorrendo gli utenti sul piano dei gusti indotti dalla comunicazione di massa, nondimeno le biblioteche da molto tempo stanno cercando di assimilarsi ai distributori di prodotti culturali di massa offrendo gratuitamente quello che gli utenti già trovano da fruire facilmente ed esternamente ad esse, un tempo nei video club e ora sulla rete internet. Ma questa competizione è persa in partenza, perché, senza muoversi da casa, ormai un utente ottiene facilmente le stesse «novità» che potrebbe trovare in una biblioteca; e quest’ultima, per avere utenti e giustificare la sua esistenza, deve ricorrere a eventi spettacolari e offrirsi come un luogo di ritrovo dove poter fare di tutto tranne che fruire delle opere in essa racchiuse. Spostare la competizione sul piano delle novità è una scelta rovinosa. La stessa televisione sta perdendo questa partita, perché la rete internet, attraverso i grandi distributori di contenuti digitali per ogni tipo di device, anche mobile, offre di più e a condizioni migliori garantendo le stesse novità in anteprima, e a condizioni economiche spesso così basse da ridurre persino il fenomeno della pirateria. Più in generale si può dire che la battaglia sui contenuti - e in particolare sulle novità - la possono giocare ora solo i grandi distributori digitali senza uscirne rovinati, almeno fin tanto che riescono a offrire delle esclusive o a produrre loro stessi nuovi contenuti, mirando a un vasto pubblico o rivolgendo offerte a basso costo per pubblici differenziati.
Più interessante ci sembra il caso di quei cinema che hanno raccolto la proposta, venuta dai circuiti teatrali, di trasmettere nelle sale le «prime» di alcuni costosissimi e raffinati spettacoli che, per ragioni economiche o logistiche, lasciano fuori dai teatri parte di quel pubblico che apprezzerebbe la fruizione di quegli stessi spettacoli; un pubblico ridotto, certamente, a cui però fa certamente piacere pensare di poter seguire un percorso in una mostra appena allestita in un altro paese, o la prima di un grande spettacolo in diretta quasi come gli spettatori che hanno pagato a caro prezzo un biglietto per sedersi a teatro e seguire, insieme a lui, quell’evento.

Il nostro progetto va dunque nella direzione di offrire alle biblioteche e ai musei servizi specifici da rivolgere ai propri operatori e ai propri utenti, per potenziare il ruolo educativo di queste istituzioni e per qualificarle non solo sul piano dei contenuti che custodiscono e che offrono agli utenti, ma anche e soprattutto sul piano che riguarda il modo di offrirli, collegandoli tra loro e abbinando ad essi strumenti più potenti per valutarli, confrontarli, e studiarli.
In questa prospettiva di studio e formazione abbiamo proposto per anni, alle biblioteche l'acquisizione di strumenti di studio non altrimenti fruibili (insieme alla formazione del personale per metterlo in grado di offrire i nuovi servizi), allo scopo di offrire agli utenti finali la possibilità di seguire un'esperienza straordinaria accessibile solo in strutture educational e non assimilabile alla povertà informativa dei servizi gratuiti offerti in rete.
Ai musei abbiamo invece offerto la possibilità di allestire materialmente e virtualmente percorsi formativi e didattici tra le opere presenti negli stessi musei e opere presenti fisicamente altrove, per consentire ai potenziali fruitori di espandere sia le proprie conoscenze che competenze, viaggiando tra opere imparentate tra loro, e di poter apprezzare, dalla correlazione, sia quanto materialmente fruibile nello stesso museo, sia quanto fruibile a distanza in altri musei, ad esempio per ricostruire virtualmente l'opera di un autore mai accessibile completamente in un solo luogo. In questo modo i visitatori sono sollecitati, guidati e persino addestrati a scoprire correlazioni iper-informative tra quanto da loro stessi già conosciuto e quanto proposto alla loro conoscenza; la visita alla collezione museale o all’esposizione temporanea diventa quindi un viaggio nello spazio e nel tempo che supera i confini del museo stesso, espandendone i confini e trasformandolo in un immenso un museo virtuale che sollecita la conoscenza di opere esterne al museo stesso. In questa prospettiva abbiamo progettato e a volte realizzato noi stessi percorsi espositivi materiali e virtuali che, partendo da raccolte dei musei e sfruttando anche particolari caratteristiche architettoniche dei musei stessi, facessero scoprire agli utenti una quantità di risorse, anche in altre forme espressive, direttamente o indirettamente ad esse correlate in base ai principi narrativi e compositivi condivisi.

Il Progetto

Le nostre proposte espositive

La mostra Roberto Rossellini: studiare e raccontare la Tradizione Umanistica costituisce lo sviluppo dell’esposizione realizzata per la prima volta in occasione delle “Celebrazioni per il Centenario della nascita di Roberto Rossellini”, ed è dedicata ai rapporti tra i progetti rosselliniani e quelli dei grandi umanisti classici. La mostra è concepita come un ingresso spettacolare al Sistema di esplorazione «poliprospettica» che Rossellini aveva ideato, ma solo in parte realizzato, per promuovere la conoscenza e l’acquisizione degli insegnamenti imperituri dei maestri della tradizione umanistica; un Sistema di Studio multienciclopedico, interdisciplinare e reticolare, per entrare nei loro laboratori di ricerca e progettazione, per cogliere i legami profondi ma non immediatamente percepibili tra capolavori classici di ogni tempo e luogo, e per imparare a riconoscere e a padroneggiare quelle idee e quegli ideali che hanno attraversato tutta la tradizione umanistica per giungere fino a Rossellini ed essere da lui lasciati come difficile eredità per i neo-umanisti dell’era digitale.
La mostra si configura quindi come una serie di viaggi esplorativi tra storie interconnesse del nostro passato più lontano e del nostro passato più recente; storie dalle quali emergono personaggi, opere, autori divenuti leggendari eppure a rischio di essere dimenticati proprio da coloro che dovrebbero esserne gli eredi e i cantastorie, cioè il pubblico a cui è indirizzata la mostra stessa. Questi percorsi compongono nel loro insieme un labirinto conoscitivo adatto per far scoprire gradualmente una pluralità di vie d'accesso alle botteghe di ricerca e progettazione dei grandi umanisti, e per far comprendere, ai visitatori, l’ambizioso progetto rosselliniano di collegare virtualmente tra loro tutti quei centri di studio e di produzione artistica in base ai modi con cui quei maestri, spesso al loro tempo inascoltati, hanno ideato progetti divenuti immortali. Così le botteghe del passato vengono collegate alle botteghe del presente, come quella dello stesso Rossellini, dove filosofi e artisti, scienziati e narratori si incontrano per elaborare nuovi progetti in continuità con la tradizione di cui sono portatori; ed entrambe diventano luoghi dove gli utenti del Sistema Polienciclopedico, e in certa misura anche quelli del mostra, possono virtualmente andare ad apprendere i segreti dei maestri della nostra antica tradizione umanistica. Ogni oggetto materiale presentato nella mostra è collegato a una quantità di oggetti virtuali accessibili attraverso video e computer collegati in rete. Foto di scena, di promozione, di set dei film di Rossellini sono collegate alle opere dei grandi umanisti con cui dialogano. Le invenzioni tecnologiche dello stesso Rossellini - anche sotto questo aspetto erede dei grandi umanisti - sono accostate alle invenzioni degli umanisti suoi maestri (le sue macchine di produzione e riproduzione audiovisiva alle scatole ottiche rinascimentali). La sua biblioteca materiale annotata è correlata digitalmente a quella dei grandi studiosi e autori con cui lui stesso, attraverso annotazioni a margine, crea ponti invisibili, esplicitando i debiti metodologici che i suoi saggi e racconti, evidentemente interrelati non solo tra loro, stabiliscono con la tradizione di studi da cui nascono. La ricostruzione della sua bottega d'artista studioso e didatta si integra materialmente e virtualmente con quella di umanisti come Leon battista Alberti, per mostrare come le idee di quest’ultimo confluiscano in quelle del suo degno allievo a distanza, e come i progetti di entrambi siano complementari tra loro. In questo modo l'opera di Rossellini diventa non un'opportunità per pretestuose interpretazioni ideologiche «attualizzanti», ma invece, come avrebbe voluto lo stesso Rossellini, un ponte per scoprire affinità insospettate nei modi di concepire la ricerca, la didattica e la narrazione tra studiosi e autori distanti tra loro per spazio, tempo e forme espressive. Anche il cinema, come la letteratura, in mano a Rossellini diventa uno strumento per tessere fili che fanno dialogare tra loro umanisti di tempi e mondi apparentemente inconciliabili tra loro; e in questa prospettiva le idee, le parole, le immagini di quei maestri classici diventano proprio la materia, narrativa ed espressiva, con cui Rossellini plasma i personaggi e racconta le storie, varianti, di cui si compone la sua opera: per questo motivo, ad esempio, la protagonista di Europa 51 e il film stesso sono concepiti da Rossellini come variazioni sulle storie del poverello di Assisi, alla cui primigenia comunità lo stesso Rossellini dedica anche un film specifico su «come si diventa francescani» (mostrandocelo, «indirettamente», attraverso i punti di vista dei primi allievi del santo, e trasformando a tale scopo in dialoghi e azioni gli scritti saggistici di un manuale di vita francescana); per questo stesso motivo tutti i suoi film (non solo quelli televisivi, impropriamente considerati i soli "didattici" dalla critica di settore) drammatizzano in forma narrativa le idee e i testi filosofici dei grandi umanisti del passato, prestandoli a personaggi che, pur portando a volte nomi e costumi che fanno piuttosto pensare a nostri contemporanei, attraverso le «loro» parole e le «loro» azioni si trovano paradossalmente a far conversare tra loro, in modo indiretto ma sulla scena e davanti ai nostri occhi, persone realmente vissute (filosofi, padri della chiesa, scienziati, artisti polivalenti del rinascimento, architetti, pittori, scrittori, musicisti, drammaturghi e cineasti) che per la maggior parte non si sono mai parlate direttamente tra loro. Il meccanismo narrativo adottato da Rossellini sembrerebbe simile a quello delle cosiddette «interviste impossibili»; ma per i suoi «racconti filosofici» o «film-saggi» è più corretto parlare di «dialoghi ipotetici» tra personaggi realistici e tuttavia fantastici, che, pur interagendo e parlando direttamente tra loro sulla scena, sintetizzano nei loro caratteri complessi i punti di vista di diversi autori e studiosi, riuscendo così a farli dialogare tra loro verosimilmente, ma in modo ipotetico e indiretto; le loro parole e le loro azioni, i loro gesti e le loro imprese rappresentano infatti le intenzioni insite negli scritti e nelle opere di autori e studiosi di tempi e luoghi lontani, separati spesso non solo da distanze geografiche e cronologiche ma anche culturali (come quelle divisioni settoriali che ostacolano la preparazione interdisciplinare degli autori, e che fanno credere loro, ad esempio, che un cineasta possa fare cinema con il solo cinema, e traendo tutti i necessari insegnamenti da altri autori di cinema del proprio tempo).
La mostra, come il Sistema di Studio Rosselliniano che vuol promuovere, è dunque concepita come un labirinto di percorsi intrecciati tra loro, che nell’insieme costituiscono un affascinante introduzione non solo all’opera di Roberto Rossellini, ma anche a quella dei suoi maestri umanisti, solo in minima parte autori cinematografici. Aiutando i visitatori a scoprire alcune delle innumerevoli correlazioni tra l’opera di Rossellini e quella dei suoi interlocutori a distanza, la mostra invita i visitatori stessi da un lato a scoprire ulteriori «correlati», e da un altro ad acquisire i «criteri di correlazione» necessari per visionare e confrontare innumerevole opere d'arte disponibili fuori dalla mostra stessa, in larga misura disseminate e a volte disperse nel nostro paese. Dunque una mostra che, qualora diventasse permanente, potrebbe offrire anche ai turisti - soprattutto ai nuovi viaggiatori di un gran tour ideale e materiale tra le opere della tradizione umanistica - una «bussola» e una serie di «mappe» per scoprire e apprezzare capolavori di valore universale; soprattutto quelli meno noti, meno considerati dai mass media, che tuttavia costituiscono preziosi tasselli di un mosaico di saperi che potrebbe, nel suo insieme, diventare la materia e lo strumento di studio della scuola digitale del futuro, dando modo agli studenti di andare, almeno virtualmente, a bottega da coloro che hanno saputo creare e lasciarci in eredità alcuni dei tesori più preziosi dell’umanità.
Fanno parte del progetto espositivo diverse sezioni, che potrebbero modularmente succedersi in un medesimo ambiente ridotto, oppure costituire articolazioni complementari di un ambiente composito più vasto:
- una mostra sui progetti audiovisivi di Rossellini dedicati alla tradizione umanistica, documentati nelle diverse fasi di preparazione e realizzazione attraverso le foto di uno dei suoi più stretti collaboratori: Gianni Assenza
- un ambiente scenografico che ricostruisce il laboratorio di ricerca di un umanista del quattrocento e lo fonde con il laboratorio di ricerca di un neo-umanista, come Rossellini, nell’era del cinema e dei nuovi media
- un percorso fatto di stazioni multimediali per introdurre i visitatori ai «mestieri di un umanista», osservandoli attraverso il punto di vista di Rossellini a confronto con quelli di coloro che ne hanno ispirato il progetto polienciclopedico
- un ambiente di studio delle soluzioni tecnologiche adottate da Rossellini, e dai grandi umanisti suoi maestri, per studiare e per raccontare storie esemplari
- una mostra dedicata all’interazione tra immagini cinematografiche e pittoriche: da un lato inquadrature composte da Rossellini come quadri in movimento, tableaux vivants rappresentanti svolte drammatiche, all'interno dei suoi racconti, che modificano irreversibilmente il cammino di personaggi predestinati, loro malgrado, a divenire eroi o persino santi, grazie alle loro straordinarie imprese; da un altro lato immagini di quadri di autori classici a cui le inquadrature di Rossellini stesso si riferiscono non come presuntuosi omaggi ma come precisi indicatori che i personaggi con le loro imprese spesso ripercorrono storie almeno in parte comuni. Le inquadrature di Rossellini, fissando una svolta drammatica sintetizzano un'impresa, e cogliendo l'attimo fuggente di un'azione decisiva segnano il punto di non ritorno nella storia di un personaggio che, con la sua personale straordinaria impresa contribuisce a far rinascere quegli ideali universali dimenticati o degradati, sostituiti dal senso comune, dal cinismo e dal materialismo. Così Rossellini come un vero pittore umanista al tempo del cinema rappresenta la transizione veloce ma netta da un piano narrativo all’altro: da quello dove personaggi spesso invisibili con le loro imprese esemplari riportano la speranza in un mondo umiliato (le loro decisioni scandalose cambiano miracolosamente non solo la loro vita ma quella del mondo intero a cui appartengono, divenendo personaggi leggendari e immortali) fino a quel territorio in cui i personaggi portano a termine la loro avventura mondana e terrena e si avventurano ancora sulla terra o addirittura al cospetto di Dio nel territorio più proprio del sacro.
- una mostra-spettacolo dal titolo Rossellini cantastorie con cui abbiamo provato a realizzare, in un unico progetto, un libro illustrato per ragazzi, uno spettacolo multimediale, un'esposizione insieme materiale e audiovisiva per collegare tra loro storie immortali rese famose dai racconto orali di cantastorie popolari e da quelli scritti pittorici e scenici che dall'antica Grecia e da altre civiltà antichissime, come quella indiana e araba, continuano a viaggiare nel tempo, nello spazio e nei media; quelle favole di animali virtuosi che attraverso tante variazioni sono arrivate fino a Rossellini; storie della buona notte che, cambiando d'abito e divenute più realistiche proprio grazie al cinema di Rossellini, ci appaiono ora "attuali" - come direbbe qualche critico impegnato a dimostrare che Rossellini è in fondo un politico anche lui - solo perché non sappiamo coglierne l'universalità, la classicità, l'immortalità.

La mostra dedicata al Ciclo de L’Anello de Nibelungo può essere considerata sia come un’eccezionale confronto a tre - tra due grandi pittori e un grande compositore e drammaturgo - su uno dei più grandi e complessi racconti mai scritti, sia come un complemento promozionale del Sistema di Studio dedicato al Ciclo de L’Anello del Nibelungo di Richard Wagner; entrambi i progetti, la mostra e il Sistema di Studio, costituiscono un ponte tra i nostri lavori sul teatro musicale e quelli sulla narrazione per l’infanzia, poiché mostrano e argomentano le strette connessioni tra la favola e il mito, tra le storie leggendarie e le novelle della buona notte, tra i racconti per l’infanzia e i capolavori artistici. Il ciclo de L’Anello del Nibelungo, come quello arturiano per citare un altro esempio famoso, non solo ha ispirato tante storie varianti che sono giunte fino a noi in ogni forma espressiva e mediale, ma è anche diventato, implicitamente, il modello perfetto di «narrazione multimediale» che ogni bravo cineasta o drammaturgo deve seguire, che lo sappia o lo voglia o meno, pena l’insuccesso della sua stessa narrazione «poli-espressiva». Inoltre, la complessità narrativa multimediale, ricercata da Wagner in ogni suo capolavoro si sviluppa qui, attraverso la tetralogia, in forma di «saga. Con il Ciclo dell'Anello Wagner porta a perfezione quel modello di serialità narrativa che nel nostro modo contemporaneo, grazie ai massmedia, ha persino sostituito gli altri modi di raccontare storie. Se la serialità è stato riscoperta nel nostro recente passato grazie agli scrittori, che hanno sfruttato i giornali per diffondere la propria opera a puntate, è infatti nel nostro presente che la serialità ha la maggior diffusione, grazie non solo ai fumetti e ai videogiochi che nascono come racconti seriali senza pretese artistiche ma con l'ambizione di soppiantare qualunque altra forma di lettura nell'universo giovanile. Il riaffermarsi della serialità è dovuto anche anche a registi e sceneggiatori che hanno deciso di sfruttare la televisione e la rete internet per raggiungere il pubblico di massa e riportarlo a seguire racconti spesso ben scritti e complessi - a volte persino adattamenti da romanzi classici - sotto forma di serie audiovisive. Ma questo non vuol dire che, insieme alla massima diffusione del modello seriale, si siano raggiunte con questo vette artistiche altrettanto indimenticabili come quelle raggiunte invece da Wagner costruendo un racconto epico a più voci per il teatro musicale; un racconto che pure si presta a una lettura superficiale, come fosse un gioco di ruolo; ma Wagner può ancora insegnare, agli autori che vogliono cimentarsi nella serialità e al pubblico che la ama attraverso le serie televisive a cui è più affezionato, come si possa fare arte anche quando si tratta di elaborare storie mai del tutto concluse, destinate a riaprirsi e a durare, intrecciandole tra loro e facendole sviluppare negli antefatti e nelle conseguenze.
La versione che la mostra prende in esame, come attuazione variante del progetto originale che impegnò lo stesso Wagner in una molteplicità di ruoli autoriali - in veste di narratore, scrittore, musicista, illustratore e coreografo del suo capolavoro - presenta ai visitatori la collaborazione a distanza tra lo stesso Wagner letterato e musicista con due pittori e illustratori d’eccezione - Arthur Rackham e Franz Stassen - i quali, con le loro straordinarie tavole, riescono a dare una adeguata forma visiva a quella porzione di universo narrativo che le parole e la musica di Wagner evocano e stimolano senza tuttavia sostituirlo, ma anzi ricercandolo, come un complemento necessario, nelle azioni previste dei personaggi sulla scena.
Seguire il ciclo de L'Anello riraccontato dalle parole di Wagner e dalle immagini di Rackham e Stassen - e da ulteriori narratori, illustratori, scrittori e drammaturghi che si inseriscono in questo dialogo a più voci narranti - permette ai visitatori anche più frettolosi di cogliere quanto meno il senso complessivo del monumentale progetto wagneriano, e di apprezzare il valore archetipico di questo racconto labirintico, sia come modello insuperato per le tante storie che continuano a rimetterlo in scena attuando, sia pure riduttivamente, alcune delle innumerevoli possibilità di sviluppo, sia come fonte inesauribile di insegnamenti preziosi per chiunque voglia ancora cimentarsi in quell’arte narrativa multimediale che nel teatro musicale di Wagner ha raggiunto la perfezione.
Per giunta questa mostra, come il Sistema di Studio che essa indirettamente promuove facendo venir voglia ai visitatori di continuare a occuparsi del Ciclo de L’Anello del Nibelungo, può costituire, per un giovane studente, la chiave, il passe-partout per compiere un salto di qualità dalle storie di formazione per l’infanzia, come Il Signore degli anelli di Tolkien, che tanta diffusione ha avuto e ha ancora preso le generazioni più giovani e non solo, alle storie di formazione per adulti, per coloro che vogliono rileggere le leggende, i miti e le favole di cui si sono nutriti da giovani e che hanno raccontato ai propri figli e allievi, riscoprendoli in quelle nuove storie che si nutrono di essi e ne fanno opere d’arte complesse; opere cioè, che per essere capite e apprezzate richiedono come presupposto una strumentazione analitica senza dubbio ardua da acquisire per i potenziali fruitori, ma anche che sono in grado di offrire a questi ultimi maggiori soddisfazioni grazie alla scoperta di una maggiore ricchezza informativa. E’ come passare dalla bella favola Lulù di Liebeskind a Il Flauto magico di Mozart e Schikaneder o dal un’antica favola popolare persiana all’opera Turandot di Puccini, o dalla Gatta Cenerentola di Basile a La Cenerentola di Rossini. Insomma, attraverso questa mostra e il Sistema di Studio ad essa collegato, si vuole mostrare ai potenziali fruitori dell’opera wagneriana come anche l’arte più eccelsa si nutra della stessa fondamentale e insostituibile materia delle fiabe, fondendola con quella dell’arte più raffinata per farne nuova arte. In altri termini attraverso esperienze come questa mostra vogliamo invitare dire i genitori e gli insegnanti a non dimenticare di leggere ai propri ragazzi le raccolte di fiabe classiche, e vogliamo rammentare ad autori e studiosi dell’arte narrativa di non dimenticare di ricercare nell’analisi di capolavori come l’opera wagneriana quelle radici non solo storiche ma anche metodologiche che ne fanno uno sviluppo, non un’alternativa, rispetto alla sottostimata narrazione per l’infanzia.
Per alcuni anni, grazie alla collaborazione con l'associazione Wagner di Venezia, abbiamo potuto realizzare, presso la loro sede, alcune esposizioni didattiche delle tavole pittoriche composte rispettivamente da Arthur Rackham e da Franz Stassen. Attraverso più appuntamenti espositivi, collegati tra loro come moduli seriali di un medesimo progetto pluriennale, abbiamo potuto così visualizzare, in forma di «fabula» e di «intreccio», le complesse trame narrative del ciclo de L'Anello del Nibelungo. Mostrando insieme, nello stesso luogo, sia il Sistema di Studio ipermediale che stavamo ricavando dall'opera di Wagner e da quella dei suoi più raffinati illustratori, sia i numerosi quadri di Rackham e di Stassen montati su pannelli a comporre un doppio percorso commentato e intrecciato, abbiamo potuto esemplificare come le «storie dell’Anello» immaginate da Wagner fossero ripercorribili, in modo non di meno interessante, sia secondo la logica della «fabula» sia secondo la logica dell’«intreccio»; o, in altri termini, secondo la cronologia degli eventi narrati, oppure secondo il complesso progetto narrativo ideato dallo stesso Wagner per riorganizzare o inventare la materia delle storie leggendarie della mitologia nordica, al fine di offrirla al suo spettatore nella più avvincente successione - non cronologica ma logica - di congetture e scoperte, di presentimenti e conclusioni, e per indurlo così a viaggiare, con la sua memoria elaborativa, avanti indietro nel tempo della narrazione, immaginando antefatti e conseguenze impreviste di storie che collegavano tra loro in modo sorprendente e appassionante i destini di eroi quasi divini e di divinità quasi umane.
Grazie al complemento multimediale costituito dal Sistema di Studio Reticolare E-Learning reso accessibile ai visitatori con un'installazione in sala, il duplice percorso fisico realizzato per la mostra veniva espanso virtualmente correlando il Ciclo de L'Anello a tutte quelle storie che costituiscono non solo la materia su cui ha lavorato Wagner ma anche la quantità di opere che da essa derivano: non solo opere artistiche, ma anche cascami degradati e fatti propri dalla cultura di massa. Messinscena teatrali e audiovisive dell'opera, insieme a variazioni implicite di temi e personaggi dell'opera stessa, venivano correlati in un percorso multimediale che accompagnava il percorso materiale in sala. Da L'Anello del Nibelungo a Il Signore degli Anelli, alle storie letterarie e musicali di Ondina e di Rusalka, ai romanzi e ai fumetti di Neil Gaiman, attraverso una serie di passaggi il visitatore poteva scoprire quali e quanti correlati diretti e indiretti e in ogni forma espressiva e mediale partono da e giungono ad un’opera artistica classica che li prevede tutti e li valorizza come espansioni di un medesimo modello narrativo. Queste correlazioni permetterebbero ad un bravo didatta o genitore di insegnare ai suoi figli o ai suoi allievi come partendo da una storia piuttosto semplice che essi già conoscono, si possano scoprire legami imprevisti tra racconti non immediatamente riconoscibili come reciproche varianti, racconti distanti nello spazio e nel tempo e spesso separati dalle forme espressive e mediali, che rivelano tuttavia, ad un’indagine più attenta e competente, insospettate parentele.
Ma le serie televisive, i fumetti, i film, non vengono semplicemente mescolati o equiparati a L'Anello del Nibelungo riducendo la complessità del progetto wagneriano. Partendo da essi - o meglio da alcuni meccanismi riconosciuti in essi, perché applicati sia pure implicitamente e riduttivamente dagli autori di quei racconti - i fruitori sono invitati a scoprire i più raffinati meccanismi utilizzati da Wagner per ottenere una narrazione propriamente multimediale, che supera, per qualità artistica, qualunque prodotto tecnologicamente più avanzato del cinema della televisione o dei videogiochi, dove viceversa i personaggi, i sentimenti, le storie pur riconoscibili come parenti più o meno lontani del modello elaborato da Wagner, sono appiattiti, resi monodimensionali per soddisfare solo il gusto ineducato e le aspettative anguste del lettore che vuole ritrovare quel che conosce già. Da questo punto di vista il duplice percorso ne L'Anello del Nibelungo di Wagner, raccontato visivamente grazie alle straordinarie immagini di Rackham e di Stassen, aiuta il visitatore ad aspettarsi qualcosa di più di un fumetto da leggere rapidamente o di una serie televisiva da consumare voracemente. In questa prospettiva le tavole di Stassen, mentre ricostruiscono la fabula lasciando a Rackham il compito di sintetizzare i nodi dell’intreccio, stupiscono il visitatore perché lo costringono a fermarsi su ciascuna di esse e a compiere un vero e proprio percorso di lettura interno alla tavola stessa che sfrutta la composizione a più livelli e cornici in cui è articolata.
Offrendo al suo lettore tavole articolate a più piani e sfondi, Stassen riesce infatti a mescolare e sintetizzare in una stessa immagine-sequenza solo apparentemente statica tanto vecchi antefatti quanto nuovi effetti e effetti collaterali di una stessa azione compiuta da un personaggio. I visitatori della mostra sono così invitati a immaginare e a scoprire la complessità del progetto wagneriano senza ridurla per poterla accettare; di più, come i personaggi wagneriani, essi sono invitati a raccogliere la sfida di affrontare la montagna impervia del racconto artistico wagneriano scalando una ad una le vette che compongono il massiccio dell’Anello … e dotandosi a tale scopo di una strumentazione metodologica adeguata all’impresa.

Nella stessa prospettiva sperimentata con il progetto espositivo dedicato al Ciclo de L’Anello de Nibelungo di Richard Wagner, abbiamo proposto ad ERT Emilia Romagna Teatro di allestire una mostra, in parte materiale e in parte virtuale, dedicata a La tempesta di William Shakespeare. Anche in questo caso il racconto era ripercorso attraverso i contributi pittorici di due illustratori d'eccezione, Arthur Rackham e Edmund Dulac; e i visitatori erano invitati ad entrare nella complessità del testo shakespeariano attraverso la complessità dei progetti dei due suoi straordinari interpreti visivi. Le didascalie che interagivano con le tavole, componendo il percorso espositivo commentato, anziché aggiungere informazioni esterne all'opera (informazioni di tipo storico, filologico, genetico che erano invece presenti nell’ampio appartato multimediale accessibile dalle postazioni create nella mostra stessa) invitavano gli spettatori a esplorare le tavole apprezzando al contempo sia il complesso reticolo dell’intreccio narrativo, sia le soluzioni narrative ed espressive elaborate da Shakespeare e dai suoi illustratori per farlo funzionare senza inciampi, perfettamente, fino alla logica conclusione.
Attraverso questa esposizione di pannelli e di postazioni multimediali - che ha avuto da allora numerose implementazioni, trasformandola anche in una mostra fruibile interamente online - i visitatori sono dunque sollecitati a entrare, senza imbarazzo, nel laboratorio di progettazione di tre grandi artisti, per capire dalle loro stesse opere quali meccanismi le facciano funzionare e le colleghino tra loro, e per capire come tre autori possano collaborare anche a distanza tra loro per rendere efficace il percorso narrativo poliespressivo.
Attraverso un unico percorso che mescola le tavole dei due pittori, i visitatori possono cogliere la complementarità tra i progetti interpretativi dei due illustratori e la potenziale multimedialità del testo letterario shakespeariano, concepito per interagire con le azioni dei personaggi sulla scena - o in questo caso con le immagini degli illustratori - e non per ripetere quello che le immagini già dicono. Inoltre alcune messe in scena cinematografiche e teatrali, insieme alle fonti shakespeariane, ulteriori illustrazioni del testo e studi sul testo permettono di articolare un percorso ancora più complesso, che, partendo da quello presentato in sala, invita i visitatori ad addentrarsi nella complessità del laboratorio shakespeariano senza rinunciare ad essa, senza ridurla a rassicuranti stereotipi e luoghi comuni.
Il percorso dell’esposizione si avvale sia delle tavole di Rackham e Dulac sia di estratti dai testi di Shakespeare, di altri narratori e di studiosi dell’opera shakespeariana, sia di un meta-testo guida della mostra stessa che invita a cogliere i principi narrativi shakespeariani e quelli compositivi dei due illustratori, permettendo di articolare, già nell’esposizione materiale della mostra, una narrazione e una meta-narrazione multimediali che introducono bene all’utilizzo del Sistema di Studio che fa da complemento alla mostra stessa. Il percorso ha inoltre tra i suoi complementi le musiche di Tchaikovsky e di Sibelius che creano un livello ulteriore nella narrazione multimediale.

Il nostro progetto di mostra dedicata a Peter Pan e il regno delle fate ha come risorse primarie le tavole dei grandi illustratori e pittori vittoriani e georgiani che si sono cimentati nel dar forma visiva alle storie di elfi e fate che hanno contribuito nei secoli a tratteggiare l'universo incantato tanto delle fiabe di magia per l'infanzia, quanto dei racconti fantastici per gli adulti. Il progetto espositivo si presenta come un labirinto narrativo multimediale, interdisciplinare, e multi autoriale, che partendo da o arrivando a l'opera di James Barrie permette di esplorare le connessioni anche meno evidenti tra opere, non solo per l’infanzia, varianti dirette e indirette dei capolavori che Barrie ha costruito intorno al mito del piccolo spiritello musicista delle fate, ovvero del bimbo che non voleva crescere.
La mostra permette di connettere tra di loro una molteplicità di risorse narrative, soprattutto attraverso le tavole di un artista come Arthur Rackham che, con la sua opera, è riuscito a collegare tra loro tutte le storie degli autori a cui si è riferito, creando addirittura un mondo trasversale ad essi, il regno di Titania e del suo piccolo popolo; questo mondo con le sue usanze antropologiche descritte in tanti racconti da tanti autori, ritorna infatti come uno sfondo animato tanto in Peter Pan nei giardini di Kensington quanto nel Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare; e l'esposizione permette di mostrare come non solo i personaggi fatati si spostino da un racconto all’altro attraverso la penna e le matite di tanti autori, ma anche come la stessa materia espressive narrativa, costituita dall'universo antropologico dei modi di vita degli elfi e delle fate, sia diversamente manipolata da autori che nel tempo nello spazio si sono formati attraverso la reciproca conoscenza, lo studio delle opere rispettive.
Inoltre, grazie a risorse non solo letterarie e pittoriche ma anche drammaturgiche e cinematografiche (dal Peter Pan romanzo illustrato di di Barrie e Rackham al Peter Pan film musicale animato di Walt Disney al film musicale Hook di Spielberg, al racconto The coming of the fairies di Conan Doyle e al diario letterario pittorico di suo padre, al film musicale The coming of the fairies di Sturridge) siamo riusciti a mostrare come le storie degli incontri ravvicinati con Titania e gli abitanti del regno delle fate costituiscano, dal punto di vista narrativo, un unico grande racconto genealogico, seriale, ciclico, in cui le diverse storie dei protagonisti degli incontri ravvicinati culminano nei capolavori di James Barrie (dove la piccola Mamie e poi Wendy incontrano Peter Pan) ... ma non si fermano lì. Esse continuano a espandendosi attraverso tutte le forme mediali e a comporre un universo sempre più articolato, dove persino le abitudini dei personaggi che lo popolano finiscono per entrare nell'immaginario degli artisti ma anche del pubblico e persino di quel pubblico di massa che, attraverso il cinema di attori e di animazione, si è accostato senza saperlo ai capolavori letterari e pittorici della fiabistica dedicata al mondo delle fate senza mai aver letto l'opera di Barrie. La mostra offre allo spettatore sia un percorso espositivo fatto di immagini, testi letterari e musica, con animazioni e filmati, sia un percorso multimediale fatto di narrazione orale, musica e immagini, sia un sistema di studio ipermediale fatto per interagire con gli utenti e per supportare l’attività didattica degli insegnanti.

Le Storie di Babar l’ elefantino, create da Jean de Brunhoff e continuate da suo figlio Laurent, sono state per noi un ulteriore oggetto ideale con cui costruire non solo un Sistema Reticolare di Studio E-Learning ma anche uno spettacolo e una mostra da distribuire materialmente o virtualmente come complementi del Sistema di studio stesso. Il progetto prevede, oltre alla distribuzione del Sistema E-Learning dedicato all'opera dei due autori, anche la realizzazione, sia in uno spazio espositivo che in forma multimediale, di un labirinto logico-narrativo per viaggiare in quella pluralità di storie intrecciate tra loro che costituisce la «saga» di Babar l'elefantino e della sua progenie. Trattandole come carte da gioco, le tavole dei De Brunhoff sono state da noi scollegate e ricollegate, non univocamente ma secondo le numerose potenzialità di sviluppo che si aprono da ognuna di esse, inseguendo i presupposti e le conseguenze delle azioni rappresentate; in questo modo tanto i visitatori della mostra quanto gli utenti del sistema multimediale possono scoprire la molteplicità di percorsi previsti dai due autori e solo in parte attuati dalle edizioni cartacee; possono sperimentare un’esplorazione reticolare che consente loro di percorrere e ripercorrere le tavole in base alle numerose ma non infinite correlazioni, possibili e informative, che esse stabiliscono tra loro; in questo modo possono intraprendere lunghi viaggi affascinanti e avventurosi negli universi narrativi in cui si muovono e crescono i personaggi della saga. Al contempo ogni tavola di ciascuna storia è stata scomposta in frame per mostrare come già gli autori abbiano previsto che i fruitori adulti o bambini percorrano con lo sguardo le tavole stesse compiendo, per ogni tavola, un piccolo viaggio attraverso di essa; un viaggio esplorativo che utilizza la parola per portare l'attenzione alle immagini e le immagini per portare l'attenzione alla parola. Nel valorizzare il lavoro di due dei più grandi narratori per l’infanzia abbiamo cercato di mostrare cos'è davvero la multimedialità, intesa come interazione e complementarità tra forme espressive per rappresentare più piani narrativi, e cosa vuol dire fare arte narrando storie per bambini che ancora non sanno cos'è l'arte ma che, proprio grazie a questi racconti così ben composti e a un sistema che prende in esame i meccanismi narrativi e compositivi di questi, possono gradualmente imparare a conoscerla, a scoprire le regole. Attraverso la mostra e il Sistema di Studio dedicato in particolare a Jean De Brunhoff, si rivela come questi sia stato un grande pittore prestato alla narrazione per l'infanzia, e al contempo un grande narratore conoscitore di tutte quelle leggende, quei miti, quelle storie spesso già raccontate in forma artistica che egli scompone e ricompone creando intrecci solo apparentemente semplici ma di grande complessità, rivolti tanto a ragazzi quanto ad adulti. Utilizzando lo spazio architettonico di una sala espositiva viene simulato il viaggio tra i nodi ipertestuali che esplicitano le correlazioni paradigmatiche e sintagmatiche tra tutte le tessere del grande mosaico della saga di Babar l’elefantino. In questo modo l’universo narrativo creato dai De Brunhoff diviene esplorabile come un gioco attraverso innumerevoli accessi e percorsi che sfruttano le correlazioni interne ed esterne presenti nei testi dei due autori. Inoltre, esplicitando il ruolo svolto dalla musica composta da Francis Poulenc per raccontare musicalmente la storia del piccolo elefante, ed esplicitando il ruolo svolto dalle immagini e dalle parole composte dallo stesso De Brunhoff, si viene a creare un laboratorio introduttivo alla narrazione multimediale offerto tanto ai ragazzi quanto agli adulti per iniziare a scoprire le medesime regole che i grandi autori del teatro musicale hanno applicato sistematicamente nella costruzione dei loro capolavori.

Il nostro lavoro su Il flauto magico di Mozart, che si è sviluppato nel corso di molti anni aggiungendo più moduli per trattarne i diversi aspetti del racconto multimediale - dalla favola letteraria Lulu di Liebeskind al progetto di Mozart e Schikaneder, alle messe in scena teatrali e cinematografiche, alle riscritture per ragazzi - ha incontrato ad un certo punto il progetto di Lele Luzzati, che ha realizzato sia una serie di tavole grafico letterarie in forma di libro, sia un cartone animato musicale con un attore in veste di cantastorie. Questo ci ha permesso di realizzare, in perfetta sintonia con il progetto mozartiano, un Sistema di Studio e una mostra tra loro complementari, che possono essere rivolti da un lato ad adulti, e in particolare educatori, ma anche dall’altro direttamente ai ragazzi a cui era destinata sia la fiaba originale sia in parte il progetto mozartiano.
Collegando la favola letteraria di Liebeskind alla riscrittura di Lele Luzzati e alla sua messinscena multimediale appare evidente come il racconto in forma letteraria illustrata animata e musicata realizzato da Luzzati sviluppi una parte del progetto mozartiano e dia modo anche ai ragazzi più giovani di accedere ad esso, ad un primo livello analitico, senza perdere la complessità del progetto mozartiano stesso. Questa introduzione costituisce cioè un presupposto per intraprendere quel percorso formativo necessario per arrivare ad apprezzare le più complesse messe in scena di autori come Jean-Pierre Ponnelle o Ingmar Bergman che si rivolgono ad un pubblico più adulto. La mostra prende in esame le tavole di Lele Luzzati e il suo cartone animato, e promuove così il Sistema di Studio dedicato alla narrazione per l’infanzia che, oltre a considerare il progetto di Luzzati, prende in esame anche le messe in scena fatte dalla compagnia di burattini di Praga e quella editata appositamente da Jean-Pierre Ponnelle per realizzare una versione del Flauto Magico per ragazzi.